Sono la prima di quattro fratelli di una tipica famiglia degli anni ’60. A quei tempi si credeva che i figli dovessero essere modellati per diventare le persone che ci si aspettava. I bambini non avevano diritto di parola, e pur nell’affetto, l’approccio educativo prevedeva molte regole e castighi. I bambini avevano accesso al mondo ma non potevano modificarlo. Ricordo che già allora ero insofferente a quel sistema perché quello che mi riguardava non era ritenuto importante.
Diventata grande ho continuato a ricordare come ci si sente da piccoli e ho cominciato a lavorare come terapista della psicomotricità coi bambini disabili. Sin da subito mi è stato chiaro che sarebbe stato impossibile curare i bambini senza sostenere i genitori.
Anche loro avevano bisogno di aiuto per riuscire a vedere e far crescere il “bambino reale”, per fare pace con quello delle loro fantasie, quello che avrebbe potuto essere ma non era stato.
Da allora ho messo a punto e praticato un metodo di lavoro con i genitori basato sui colloqui.
Ho studiato Pedagogia per conoscere le diverse esperienze e teorie dell’educazione da cui trarre indicazioni e spunti di lavoro. Ho fondato e coordinato per sei anni il Tatabum, uno dei primi Centri per le Famiglie in Italia.
Ho due figlie, e ho sperimentato in prima persona come crescere i figli sia intimamente collegato al crescersi genitori. Comprendere appieno il processo di crescita di ogni figlio, figlia, con le sue domande, le sue specificità, le sue irriducibili differenze ci interroga ogni giorno su come riusciamo a condividere potere e responsabilità perché ognuno possa crescere e fiorire. A modo suo.